Pasta, passata di pomodoro, biscotti, farina e olio extravergine d’oliva, se biologici, raddoppiano il costo della spesa di tutti i giorni. Qualche dritta per riconoscere le confezioni ingannevoli che suggeriscono al consumatore l’idea di una scelta naturale e più salutare, pur non rispettando sempre i requisiti di legge dell’agricoltura e dell’allevamento biologici.
Quello del biologico è un settore in continua espansione e nel corso del 2018, in Italia, le vendite dei prodotti alimentari appartenenti a questa categoria sono aumentate del 10,5%.
Oggigiorno, infatti, non solo nei negozi specializzati ma anche nei principali supermercati sono disponibili quasi tutti i generi alimentari, sia in versione standard, sia derivanti da agricoltura o allevamento biologico.
Questa esplosione di prodotti bio ha generato molta confusione anche a causa di un abuso scorretto del termine sulle confezioni di alcuni prodotti che si avvalgono di colori nelle tinte del verde, decorazioni a tema natura e vocaboli facilmente fraintendibili per suggerire l’idea di una scelta salutare ed ecologica.
Ai consumatori rimangono ancora molti dubbi riguardo alla definizione di biologico, portandoli a volte a fraintenderne il significato.
Grazie all’aiuto di QualeScegliere che ha messo a punto un nuovo studio per chiarire le caratteristiche che secondo le normative UE attualmente vigenti i processi di coltivazione ed allevamento devono necessariamente possedere per poter ricevere la certificazione biologica, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Innanzitutto partiamo dal termine “biologico“. Per essere chiamati biologici, gli alimenti devono provenire da un’agricoltura o un allevamento che seguano norme e processi specifici dettati dall’Unione Europea.
L’agricoltura biologica rispetta quanto più possibile i cicli di vita naturali delle piante e riduce al minimo l’azione dell’uomo. Bandito l’utilizzo di sostanze chimiche, organismi geneticamente modificati, fertilizzanti che non siano naturali, antiparassitari che non siano di origine animale, vegetale o minerale, ma solo autorizzati dal regolamento CE. Si utilizzano, invece, tecniche quali rotazione delle colture e salvaguardia di insetti antagonisti dei parassiti;
Nell’allevamento biologico gli animali vengono nutriti esclusivamente con mangimi che siano di origine naturale al 95% ed oltre. Anche in questo caso è proibito l’impiego di razze manipolate geneticamente, così come la somministrazione di antibiotici ed ormoni agli animali per farli crescere più voluminosi e senza mai ammalarsi. Le condizioni in cui il bestiame viene alloggiato sono di fondamentale importanza; spazi interni ed esterni agli allevamenti devono essere abbastanza spaziosi, luminosi ed igienici per permettere agli animali di muoversi e vivere in un ambiente non costrittivo.
Come riconoscere dunque un’etichetta ingannevole? L’unica vera garanzia è la presenza del simbolo Euro-leaf che, come suggerisce il nome, è un simbolo raffigurante una foglia composta delle stelline dell’UE su sfondo verde. È l’unica vera certificazione biologica con valore legale, obbligatoria dal 1 luglio 2010 in base al Reg. CE n. 271/2010 sui prodotti che riescono ad ottenerla a patto che rispettino specifiche condizioni.
Per poter ottenere la certificazione, degli enti di controllo designati devono verificare che le direttive UE vengano applicate nel modo corretto, per questo accanto al logo dell’UE è permesso apporre simultaneamente anche altri loghi nazionali, locali o privati, come nel caso dell’italiano CCPB (consorzio per il controllo dei prodotti biologici), del tedesco Biosiegel o del logo francese AB (Agriculture Biologique).
E ora, qualche cifra riguardante i costi. Gli esperti hanno ipotizzato di riempire il carrello della spesa con cinque alimenti che in molte case italiane vengono consumati frequentemente: pasta, passata di pomodoro, olio extravergine di oliva, farina e biscotti. Una confezione da mezzo chilo di spaghetti di grano duro coltivati biologicamente costa in media 1,50 Euro, contro gli 0,80 Euro della scelta non bio. L’olio extravergine di oliva, un alimento già caro di per sé, costa decisamente più del doppio quando è bio: dai 6,15 Euro si arriva fino a 14,40 Euro per un litro.
Per un chilo di farina che rispetti il sistema di produzione biologico, invece, dovremo spendere il doppio della cifra richiesta per la farina standard, il cui costo è di 0,75 Euro. Infine, i frollini al latte che in molti scelgono per la colazione, fanno salire la spesa da 1,59 Euro a 3,30 Euro a parità di peso.
In totale, quindi, se decidiamo di mangiare esclusivamente bio, la spesa può costare anche il 97,18% in più rispetto all’acquisto di prodotti privi di certificazione.
Secondo Luisa Esposito di QualeScegliere.it, tuttavia, “Se si tratta di prodotti realmente bio e certificati, la differenza di prezzo è comprensibile e giustificabile alla luce di elementi quali la più bassa resa produttiva delle coltivazioni e degli allevamenti bio e l’insufficiente ottimizzazione dei costi di produzione, come quelli di trasporto. Bisogna inoltre considerare che su tutti gli anelli della catena produttiva, incidono ovviamente i costi di certificazione, che ne rendono ancor più importante l’autenticità”.