Da Caltagirone a Milano: la storia di Salvino Sagone, il poeta del cuore

Dalla Sicilia al capoluogo lombardo, dall’incontro con Alda Merini e altri personaggi della Milano artistica all’attività di poeta e di ascolto delle storie d’amore: Salvino Sagone si racconta.

Salvino Sagone

Ciao Salvino, grazie per la tua disponibilità. Ci racconti come sei approdato a Milano?

Sono siciliano di Caltagirone, sono quello che si definisce un isolano “montanaro” (ride, n.d.r.). A 19 anni, appena diplomato, sono partito per Milano, mosso da una spinta di tipo etico: avevo bisogno di allargare le mie vedute, di conoscere gente e di fare cose che in paese non mi sarebbero state permesse. Sicuramente sono stato fortunato: appena sceso dal treno ho conosciuto l’uomo che mi ha fatto lavorare con lui fino alla pensione. Pochissimo tempo dopo sono andato a vivere sui Navigli, a Ripa di Porta Ticinese: non era una zona di lusso come ora, della cosiddetta “Milano da bere”. Era una zona di artisti, operai, persone povere, anche disagiate… In questa Milano “alternativa”, una sera, ho incontrato una donna che poi ho scoperto essere Alda Merini. Era una donna povera, molto sofferente, che faceva fatica anche a mangiare.

Potresti parlarci di lei?

Ci siamo subito riconosciuti, al primo sguardo: abbiamo costruito un rapporto del tipo sorella maggiore/fratello minore, mamma/figlio. Come ho affermato prima, era molto sofferente. Io avevo circa 20 anni e lei più del doppio. Ogni tanto veniva portata all’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini dove veniva sottoposta a elettrochoc, pare gliene abbiano fatti più di 40. Una volta è tornata – dopo quasi due mesi – e non riconosceva più nessuno, neanche me che ero suo amico. Poi non l’ho più vista, anche se ho abitato lì per anni.

Come ti definiresti?

Sono un tipo che ama fare molte cose e farle bene. Lavoravo dalle 8 alle 18 in un’impresa edile come geometra. Ero iscritto ad architettura, ma mi sono fermato a 5 esami dalla laurea perché mi sono reso conto che non mi avevano insegnato granché. Poi, per 23 anni, dalle 18 alle 22 ho insegnato comunicazione multimediale e pubblicitaria, programmazione di intelligenza artificiale e ho avuto 2100 allieve: è un’esperienza che cambia la vita. Inoltre, per molto tempo, ho suonato nelle osterie; indimenticabile l’osteria della Briosca sulla Riva Pavese. Di lì passavano tanti musicisti: ricordo Roberto Vecchioni – che mi fece anche i complimenti – Enzo Iannacci, Marco Ferradini

Cosa rappresenta, per te, la poesia?

Qualche anno fa, ho deciso di aprire le finestre del cuore. Ho sempre scritto poesie: La mia prima lirica risale al periodo della prima elementare ed è stata pubblicata sul giornalino della scuola. Ho sempre visto la realtà con questo filtro della poesia e poi la trascrivevo, la modificavo e la comunicavo all’esterno sotto forma di versi. Ho cominciato così ad andare in giro a leggere le mie poesie in varie situazioni, anche perché devo dire che è nato una specie di Rinascimento poetico nella città di Milano. Amo definirmi “partigiano” della poesia, che a mio avviso è un territorio sterminato e dove c’è spazio per tutti.

Ci puoi rivelare come componi?

A un certo punto la tastiera – prima era la penna – inizia a scrivere delle cose. Molte delle mie poesie nascono nel bosco che frequento la sera quando porto a spasso il mio cane. Le scrivo di getto, le pubblico su Facebook e il giorno dopo le rileggo. Ci sono dei momenti di vuoto reale che viene dedicato completamente alla poesia, una sorta di trance. Certamente posso dire che le mie liriche nascono in un contesto che è interiore; emergono le mie esperienze, ciò che vedo durante il giorno: normalmente sono un tipo che cammina molto, guardo, osservo, mi considero un “Camminante”. In questo periodo di stop forzato è un’attività che mi manca moltissimo.

Tu hai intrapreso un’attività chiamata “Ascolto storie d’amore gratis”. In cosa consiste?

Qualche anno fa, mi hanno invitato al Mudec, il museo delle culture, al festival internazionale di poesia e lì ho iniziato ad allargare la mia cerchia di amicizie all’interno dell’ambiente poetico di Milano. Qualche sera dopo ci siamo ritrovati e abbiamo deciso di fare qualcosa insieme. Il direttore artistico del festival, Milton Fernandez, ci ha mostrato la foto di un ragazzino che a Montevideo, in una piazza, ascoltava storie d’amore gratis, dicendo che anche da noi serviva qualcuno che iniziasse a farlo. Neanche a farlo apposta, qualche giorno prima avevo visto pure io quell’immagine: ero rimasto colpito e l’avevo salvata sul cellulare. Beh, alla fine tutti hanno pensato a me, che evidentemente ero già predisposto, e così ho accettato. Il giorno dopo, dunque, mi sono messo all’opera: il tempo di sistemare le sedie e una ragazza si era seduta accanto a me e dietro di lei si era già formata una coda. Sono andato avanti quasi due ore senza smettere! Chi mi raccontava la propria storia poteva stare tranquillo: tutto ciò che veniva detto sarebbe rimasto tra di noi, senza essere raccontato, se non in una situazione poetica; lo inserivo come in una cassaforte della mia anima per poi farlo diventare poesia. “Ascolto storie d’amore gratis” ha però avuto vita breve, anche se ha avuto una risonanza a livello mondiale, probabilmente perché la gente ha bisogno di un luogo in cui inserire i propri sentimenti. Una videointervista sul tema, realizzata da “La Repubblica”, è stata acquisita da Azione cattolica ed è stata inserita come attività culturale obbligatoria all’interno delle lezioni del catechismo della religione cattolica. Pare che la decisione sia nata dopo la mia prima intervista su Tv 2000: Papa Bergoglio è rimasto colpito da me e dall’attività di ascolto. Pur essendo io ateo, questo fatto mi ha reso contento, perché sono stato preso come modello virtuoso per i Cristiani.

Hai dichiarato di aver suonato nelle osterie milanesi. Qual è il tuo rapporto con la musica?

A 16 anni ho seguito un corso di pianoforte di 6 mesi a Caltagirone, poi ho continuato da solo. Ciò che faccio più volentieri sono le improvvisazioni: devo dire che la musica è insita in me proprio come la poesia. Mi diverto anche a suonare e cantare i nostri cantautori italiani: abbiamo un patrimonio culturale e cantautorale bellissimo e immenso. Ho tenuto un corso a Unitre Opera sui cantautori italiani, altra attività bellissima che mi ha regalato soddisfazioni.

                Salvino Sagone al pianoforte

Tra le tante esperienze della tua vita, ce n’è una che ti ha particolarmente colpito?

Negli ultimi anni, con i corsi per l’Unione Europea, ho insegnato anche ai non udenti. Ho scoperto un’umanità incredibile, fatta di affetto, partecipazione, abbracci, vicinanza fisica. Si tratta di qualcosa che è difficile da raccontare a parole, ma che trasmette tantissimo dal punto di vista umano.

Dai tuoi racconti si evince come la tua sia una vita ricca, vissuta pienamente, in cui i rapporti interpersonali e l’attenzione verso gli altri occupano un ruolo molto importante. Ci parleresti di altre tue esperienze in questo senso?

Con gli amici del Festival della poesia di Milano abbiamo dato vita a un’attività di conoscenza e approfondimento su cosa fosse il dolore per le vittime migranti che avevano cercato di attraversare il Mediterraneo e non ce l’avevano fatta: si parla di circa 35mila vittime negli ultimi 10 anni. Per un certo periodo di tempo, dunque, tutti i giovedì sera alle 19 ci trovavamo in piazza Duomo e facevamo un girotondo: a turno, uno di noi andava al centro e leggeva una poesia in ricordo di queste vittime.

Inoltre, partecipo attivamente a combattere il fenomeno della violenza contro le donne. Un pomeriggio di qualche anno fa, sono stato contattato su Facebook da una mia conoscente che mi chiedeva aiuto per una sua amica di Brescia, vittima di violenza da parte del marito. Non esagero se dico che nel giro di un’ora e mezza la signora è stata portata insieme alla figlia a Cremona dove ha trovato una casa, un lavoro, un alloggio, assistenza legale e affettiva. Non sono andato io direttamente a prenderle, ma mi sono attivato per salvarle da quella brutta situazione. Qualche tempo dopo, in occasione dell’8 marzo, insieme ad alcuni amici ho messo in scena uno spettacolino per le donne a Mulazzano, vicino a Lodi; ho deciso di iniziare la serata facendo leggere a un assessore del paese la lettera che mi aveva scritto la donna per ringraziarmi dell’aiuto dato. Mai più mi sarei aspettato di ricevere una bellissima sorpresa, molto emozionante: la donna e la figlia erano presenti e sono venute a ringraziarmi personalmente.

Ora più che mai, si avverte un grande bisogno di bellezza. Cosa ne pensi?

Dobbiamo credere nella bellezza! La vita, anche nelle situazione più tragiche, è sempre bella. Non dobbiamo smettere assolutamente di credere al domani. Dobbiamo riempirlo di cose nostre, dei nostri racconti, delle nostre emozioni e tutto questo è bellezza.

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