“The dark side of the moon” spegne 46 candeline

La copertina dell’album

The dark side of the moon”, il celebre concept album della band britannica Pink Floyd, oggi compie 46 anni: era infatti il 23 marzo 1973 quando è stato pubblicato in Europa.

L’affascinante disco, che ha consacrato definitivamente il gruppo ottenendo un gran successo e registrando vendite record, è un album che ogni vero appassionato di rock dovrebbe possedere, sia per l’aspetto prettamente musicale, sia per quanto concerne le tematiche a carattere filosofico-esistenzialista affrontate al suo interno.

Per molti floydiani si tratta del “Disco Perfetto” poiché è completo: vi sono ballate eteree e sognanti, brani caratterizzati da sonorità tipicamente rock e altri più progressive, vi è spazio per l’improvvisazione e per la musica psichedelica. Le voci parlate, invece, aggiungono un tocco di mistero e talvolta di malinconia. Con quest’album, inoltre, i Floyd sono tornati al tradizionale formato canzone, che nei precedenti lavori era stato accantonato in favore di brani strumentali molto lunghi, evolutisi poi in vere e proprie suites (emblematici “Echoes” e “Atom Heart Mother”).

Roger Waters, bassista, cantante e compositore del gruppo, in diverse interviste ha più volte dichiarato: “The dark side of the moon  – il lato oscuro della luna – era un’espressione di carattere politico, filosofico e umanitario che doveva essere comunicata”.

L’obiettivo di Waters, poi condiviso dagli altri membri della band, era infatti quello di riuscire a parlare di tutto ciò che ossessiona l’uomo moderno e di creare una “metafora della vita”.

E, se si ascolta l’album (magari anche a occhi chiusi), si ha effettivamente l’impressione di intraprendere un viaggio all’interno dell’esistenza umana: l’apertura (così come la chiusura) è affidata a un battito cardiaco, simbolo per eccellenza della vita, che fa da filo conduttore e collega tutte le canzoni.

Una particolarità del disco è la separazione delle due facciate: sul lato A è descritta la vita umana, mentre sul lato B si raccontano le pulsioni e le paure che muovono l’uomo moderno.

Il brano introduttivo del lato A è “Speak to me”, una summa di alcuni degli elementi che caratterizzano il disco: ticchettio di orologi, rumori di registratori di cassa e di elicotteri, voci, risate isteriche, urla di donna… la tensione cresce fino a culminare in un respiro (“Breathe”). La splendida canzone, suggestiva e malinconica allo stesso tempo, quasi eterea, simboleggia la nascita e prepara l’ascoltatore a “On the run”, un pezzo strumentale psichedelico e decisamente innovativo, per l’epoca in cui è stato concepito; il brano è caratterizzato da un’intensità incalzante e crescente che sfocia in un’esplosione. Dopo il boato si inizia a riflettere sul tema della fugacità della vita – uno dei più cari a poeti e letterati di tutti i tempi – con “Time”, aperto dal suono di differenti orologi. Il pezzo termina con la ripresa di “Breathe”, che questa volta rappresenta la vecchiaia: il respiro allenta nuovamente la tensione per preparare l’ascoltatore a qualcosa di potente, come una canzone sulla morte. “The great gig in the sky”, una delle più belle tracce pianistiche di Richard Wright, è accompagnata da una voce femminile struggente e straordinariamente coinvolgente. Ciò che colpisce, oltre all’impatto emotivo che il pezzo ha sull’ascoltatore, è la consapevolezza che la parte vocale sia stata improvvisata dalla cantante inglese Clare Torry cercando di emulare il suono di una chitarra solista.

Il lato B del disco si apre con “Money”, una delle canzoni più famose e di successo dei Pink Floyd, grazie anche al rumore del registratore di cassa e delle monete, al celebre giro di basso introduttivo e ai bellissimi assoli di sassofono e di chitarra. Nel brano viene affrontata sarcasticamente la tematica del denaro: molte persone, infatti, disprezzano i soldi, ma poi non riescono più a farne a meno.

Us and them” è invece un pezzo caratterizzato da un’epicità corale quasi liturgica (dovuta in gran parte all’utilizzo dell’organo e delle diverse voci) e da un testo piuttosto criptico, in cui alcune parole risuonano con effetto eco. Il brano può essere considerato essenzialmente come una critica alle guerre e una denuncia della povertà. Il batterista Nick Mason ha dichiarato, a proposito: “Se la musica è lo spazio tra le note, Us and them ne è un esempio perfetto”. La strumentale “Any colour you like” introduce la toccante “Brain damage”, una canzone che tratta della follia come conseguenza dell’aver posto la fama e il successo come priorità nella vita. Il riferimento alla malattia mentale dell’ex-membro del gruppo e amico Syd Barrett è più che evidente, soprattutto in versi come “And if the band you’re in starts playing different tunes” (e se la band in cui sei comincia a suonare melodie differenti).

Il disco si conclude con “Eclipse”, che è la prosecuzione melodica di “Brain Damage”. Il testo riassume metaforicamente tutto il concept album: “All that you touch and all that you see, all that you taste, all you feel. […] And all that’s to come and everything under the sun is in tune, but the sun is eclipsed by the moon” (tutto ciò che tocchi e tutto ciò che vedi, tutto ciò che assaggi, tutto ciò che senti… e tutto ciò che succede e tutto quello che si trova sotto il sole è in sintonia, ma il sole è eclissato dalla luna).

Un album decisamente straordinario, dunque, sia per la bellezza e la profondità dei testi e delle tematiche affrontate, sia per le tracce musicali, caratterizzate da sonorità ricercate, sperimentali e armonicamente interessanti.

E un disco di questo calibro non poteva che avere una copertina suggestiva: il celebre prisma attraversato da un fascio di luce, opera del compianto Storm Thorgerson, è ancor oggi considerato uno dei simboli che identificano la band e contribuisce a conferire all’album un’aura che ha affascinato e continuerà ad affascinare generazioni di ascoltatori.    

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