La recensione di “Physical Graffiti”, sesto album della band britannica dei Led Zeppelin, una vera e propria pietra miliare nella storia del rock.
“Physical Graffiti” può essere indubbiamente considerato come uno dei migliori dischi dei Led Zeppelin, senz’altro il più monumentale, nonché il lavoro che ha consacrato definitivamente la band: da esso emerge una vera e propria sintonia tra tutti i membri e ciascuno di essi ha dato massima prova delle proprie abilità proprio in quest’opera.
Ascoltando “Physical Graffiti”, che a buon diritto può essere considerato l’ultimo grande album prima del declino del gruppo, troviamo l’onnipresente hard-rock in brani come “Night Fly” e “Custard Pie”, il rock melodico della bellissima “Ten Yars gone”, il trascinante funk di “Trampled Underfoot”, il blues della lunghissima “In My Time Of Dying”, le sonorità acustiche di “Black Country Woman” e quelle orientaleggianti di “Kashmir”, punta di diamante del disco.
Si tratta di un vero e proprio capolavoro, che ha ispirato i Queen per un altro meraviglioso brano, “Innuendo” e Phil Collins per la linea di batteria di “Squonk”, contenuta nell’album “A trick of the tail” dei Genesis. In anni più recenti, il rapper P. Diddy ha utilizzato parte della canzone nella sua “Come with me”, colonna sonora del film “Godzilla”. Nel videoclip appare anche Jimmy Page.
“Kashmir” è stata sempre considerata dai quattro membri del gruppo come uno dei loro migliori lavori. In un’intervista del 1988, Robert Plant dichiarò che poteva senza dubbio essere definita come “la canzone dei Led Zeppelin per eccellenza”. Nel brano, imponente e maestoso, gli Zeppelin hanno sperimentato la forma musicale del raga, tipica della musica tradizionale indiana, nonché l’uso di alcuni strumenti particolari, come il mellotron.
Il testo è stato scritto da Plant nel 1973 mentre stava attraversando in auto il deserto del Sahara, anche se nel brano si parla della regione montuosa del Kashmir, appunto, situata tra il Pakistan settentrionale, l’India e la Cina. “Kashmir” è stata eseguita in ogni tour dal 1975 al 1980, anno dello scioglimento del gruppo.
Splendida e coinvolgente è “Ten years gone”, il cui testo racconta una vicenda sentimentale vissuta da Plant dieci anni prima, i famosi “ten years gone”: a quell’epoca, infatti, una ragazza lo aveva messo alle strette, chiedendogli di scegliere tra lei o la musica. Il pezzo è profondo, riflessivo, ipnotico: la melodia cattura e i riff trascinano l’ascoltatore, trasportandolo in un vortice di emozioni.
Altro brano coinvolgente e trascinante è “Trampled under foot”, il cui testo prende spunto da un classico pezzo blues di Robert Johnson intitolato “Terraplane Blues” e dal quale sono estratte metafore dal carattere spiccatamente sessuale. La canzone venne composta durante le sessioni di prova per il precedente album, “Houses of The Holy”, ma non venne mai registrata fino al 1974. In questo brano, come già accaduto in precedenza, John Paul Jones suona un clavinet e Page utilizza l’effetto wah-wah.
Splendida anche “The rover” (lett. vagabondo), che è la seconda traccia dell’album. Si tratta di una vera perla blues-rock, che inizia con un ritmo di batteria. Per tutta la canzone, Page suona con la chitarra un caratteristico riff utilizzando un effetto Phase Shifter.
Physical Graffiti ha rappresentato un grande successo per gli Zeppelin: l’album, molto apprezzato sia dai fan, sia dalla critica, ha consacrato definitivamente il gruppo, che è stato definito “The biggest band of the seventies”.
L’interesse nei confronti della mitica band britannica continua a essere alto: nel mese di gennaio 2014, il gruppo si è aggiudicato il suo primo Grammy come best rock album per “Celebration Day”, la registrazione del live all’Ertegun tribute concert.
Insomma: gli anni passano, le mode cambiano, i gusti e gli stili musicali pure, ma il mito di una band del calibro dei Led Zeppelin è ancora intramontabile.
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