“Malbianco”, dall’Irpinia a Sanremo rock – intervista

La band irpina Malbianco

Malbianco è un progetto musicale nato nel 2014 da un’idea di Carlo Ferraro, cantante e chitarrista. Dal 2015 entrano a far parte del gruppo Antonio (chitarra solista) e Alessandro (basso, synth e drum machine). Abbiamo avuto l’opportunità di raggiungere telefonicamente Carlo e di intrattenere con lui una piacevolissima chiacchierata.

Ciao Carlo, grazie per la tua disponibilità. È un piacere poter chiacchierare con te. Raccontaci come nasce il progetto Malbianco.

Ciao Chiara e ciao a tutti voi, cari lettori di diamo voce alla cultura; anche per me è un piacere poter raccontare di Malbianco. Dunque, io avevo alle spalle un sacco di progetti, altre band. Nel 2014, rimasto da solo, ho deciso  quindi di intraprendere un progetto solista: è nato così Malbianco e ho registrato il primo disco omonimo sostanzialmente da solo. Nel 2015 ho incontrato Alessandro e Antonio, anche loro chitarristi. Ho presentato loro i miei pezzi già pronti ed è nato il secondo disco “Bloom Boom“, molto di impatto. Dopo 5 anni, è uscito “Galline elettriche”, senza dubbio un disco più maturo, anche perché ci siamo conosciuti meglio. Le registrazioni sono durate circa un anno e mezzo: ci siamo trovati in piena pandemia, con tutte le difficoltà del caso, ma non ci siamo dati per vinti e abbiamo fatto uscire l’album durante la quarantena. Devo dire che è andato molto bene, complice anche il periodo in cui tutti eravamo costretti a casa: la musica ha certamente salvato le nostre vite. Eravamo pronti per tour nazionale che abbiamo dovuto annullare, ovviamente, ma che speriamo di poter fare presto. Fare uscire l’album su tutte le piattaforme online è stato un atto di coraggio; abbiamo inoltre creato uno store online dove è possibile acquistare il CD fisico: chi lo compra lo fa perché ci vuole bene e ci vuole sostenere. Noi siamo campani, precisamente della zona dell’Irpinia e con questo disco siamo riusciti ad arrivare in tutta Italia: è stato molto bello e sorprendente, non ci aspettavamo una risposta così e ne siamo felicissimi, è molto soddisfacente.  Dopo l’uscita del disco è arrivata una chiamata da parte di un’etichetta della provincia di Vicenza, “Sorry mom!“, interessata al nostro progetto. Avevamo ricevuto già altre proposte, ma alla fine abbiamo scelto loro. La cosa divertente è che sono di Bassano del Grappa e ci hanno scoperti tramite una radio di Palermo… un bel giro per la Penisola! Poco dopo abbiamo suonato per il Mei, il meeting degli indipendenti, online. È stata un’esperienza bella e strana allo stesso tempo, nonostante tutto siamo riusciti a sentire il calore del pubblico anche attraverso uno schermo. Grazie al Mei siamo andati in classifica, ci siamo fatti conoscere ulteriormente, abbiamo fatto un sacco di interviste, anche in video, radio… insomma, nonostante la pandemia, è stato bello lavorare anche in “smartworking”. Per il video del nostro singolo “Sono una bomba!” ci siamo recati a Roma, dove abbiamo conosciuto le ragazze stratosferiche di Capibara lab, collettivo femminile di film maker. “Sono una bomba!” è un pezzo molto caliente ed energico, ispirato alla storia di “Unabomber”, alias Theodore John Kaczynski, killer americano degli anni ’80. Nel disco si parla di bene e male e della sottile linea che li divide. Sono sempre stato affascinato da questa figura che stava sul filo tra il giusto e lo sbagliato, così ho scritto questa canzone e tutti ne sono rimasti colpiti.


Perché hai scelto questo nome? 

Malbianco è il nome di una malattia vegetale, nello specifico un parassita che avvolge le foglie e la corolla del fiore e pian piano ne assorbe la linfa vitale fino a farla morire. Trovo questa cosa un po’romantica oltre che un po’ morbosa (Ride, n.d.r.). Oltretutto mi piaceva molto come suonava il nome, senza contare che il bianco è un colore che si riproponeva sempre nella mia vita, nelle mie scritture, nei miei ascolti.

Voi siete senza batterista… puoi spiegarci questa scelta? 

È stata un’esigenza non averlo. Io sono chitarrista e cantante e quando ho incontrato Ale e Antonio – anche loro chitarristi – ho capito che avremmo dovuto suonare insieme ed essere band; dovevamo però fare musica senza rompere l’alchimia che c’era tra noi e così non abbiamo chiamato altri elementi. Alessandro è un sound designer laureato al Conservatorio di Avellino. È anche il nostro fonico professionale e ha iniziato a suonare il basso, i synth e la drum machine. Antonio, invece, suona la chitarra solista. Non possiamo comunque escludere che in futuro ci possa essere anche un batterista, al nostro fianco. Per esempio, posso dirti che siamo stati presi a Sanremo rock: la manifestazione ha la regola ferrea di non poter usare le basi per la batteria, quindi un nostro grande amico batterista ci accompagnerà a Sanremo e nel tour, quando sarà possibile farlo.

A questo punto devi raccontare di Sanremo rock…

Abbiamo mandato “Demone“, la prima traccia di “Galline elettriche“. Dopo mesi di silenzio, quando ormai non ci speravamo più, è arrivata la grande notizia e siamo davvero emozionati: comunque vada, sarà certamente una bellissima esperienza.

La copertina di "Galline elettriche"

Parliamo di “Galline elettriche”. Ci potresti raccontare la genesi dell’album?

Eravamo fermi da 5 anni e avevo un sacco di pezzi scritti, ma i ragazzi erano sottostimolati, musicalmente si era persa un po’ la voglia di suonare. A livello di amicizia non era cambiato assolutamente nulla: continuavamo a uscire, ma senza suonare. Un giorno mi è venuta l’idea di inserire su Instagram e Spotify i nostri video e brani e i nostri seguaci sono cresciuti a dismisura: convinti da questo ci siamo messi a riarrangiare l’album. Il processo creativo è stato molto lungo – circa un anno e mezzo – però ne è valsa la pena. Per quanto riguarda il nome, ti racconto un aneddoto simpatico. Sono entrato in sala di registrazione e ho detto: “il disco sta uscendo, la copertina deve essere di un bell’azzurro intenso e sopra ci deve essere una gallina, perché noi siamo galline elettriche, dobbiamo far esplodere tutto”. Quello disegnato in copertina non è un gallo – come inizialmente si può pensare – ma una gallina che si maschera da gallo. Ne approfitto per ringraziare ancora una volta la ragazza che ha fatto le illustrazioni: è una persona fantastica ed è stata bravissima. 

C’è un brano di tutta la vostra produzione a cui siete particolarmente legati?

Non è una domanda semplice a cui rispondere, anche perché dei testi mi occupo solo io e scrivo quello che sento in un determinato momento, quindi parlerò per me stesso. A bruciapelo ti dico “Demone” oltre a “Sono una bomba!” e del vecchio disco è “10 antidoti“, un brano in cui parlo di una condizione tra amore, sofferenza, malattia… ha un testo molto significativo per me.

Avete in serbo qualche progetto per il futuro?

Quello che abbiamo ottenuto finora è qualcosa di mastodontico, a me piace definirli “cazzotti di felicità nello stomaco”. Oltre a Sanremo rock – che per noi è già un grandissimo traguardo –  stiamo registrando un nuovo Ep di 6 brani. Vediamo con l’etichetta come andrà e poi, appena si potrà, sicuramente ci dedicheremo alla dimensione live. Le persone hanno bisogno di vedersi e incontrarsi, ridere insieme; il palco è linfa vitale e non vediamo l’ora di portare la nostra musica dal vivo per tutta la penisola!

Grazie mille, Carlo, per questa piacevolissima chiacchierata! Anch’io non vedo l’ora di poter assistere a un vostro concerto live!

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