Nei reparti dell’Ospedale Manzoni di Lecco, sono esposte fotografie di varie località amene delle province di Lecco e di Como, sia di montagna, sia di lago.
Colpisce un’immagine di grandi dimensioni in cui si ammira un borgo dalle case variopinte che si specchia nelle acque del lago, che non ha nulla da invidiare a luoghi celebri; sotto si legge “Lago di Como, Tremezzina”.
Ma dove si trova Tremezzina? Che sia il nome di una zona di Tremezzo, dove si trova la celebre Villa Carlotta, forse la più bella dimora del Lario, il cui nome ricorda la principessa Carlotta di Prussia, che la ricevette in dono dalla madre nel 1843 e che si arricchì di preziose opere d’arte, fra cui le sculture di Antonio Canova?
Assolutamente no! Per chi non lo sapesse, Tremezzina è il nome del comune istituito il 4 febbraio 2014 e nato dalla fusione dei comuni di Lenno, Mezzegra, Ossuccio e Tremezzo.
Alla fusione si è giunti dopo un referendum consultivo, svoltosi il 1º dicembre 2013, in cui il 63% dei votanti si è espresso favorevolmente al progetto d’istituzione.
Il legame fra Lenno, Mezzegra e Tremezzo affonda nei secoli medievali, quando la pieve di Lenno eleggeva un sindaco generale sopra le tre singole comunità. Il primo comune unico fu il risultato del decreto napoleonico del 14 luglio 1807, poi annullato nove anni dopo dagli austriaci.
Il comune di Tremezzina venne istituito nel 1928 , in seguito alla fusione dei già citati comuni di Lenno, Mezzegra e Tremezzo. Venne soppresso nel 1947, e al suo posto furono ricostituiti i comuni preesistenti, fino appunto al 2014.
Mossi dalla curiosità, noi di Diamo voce alla cultura abbiamo effettuato una gita a Tremezzina, alla ricerca dei suggestivi luoghi immortalati dalla foto.
Si percorre la statale Regina sulla sponda occidentale del Lario e, dopo Argegno, ecco apparire il cartello stradale che indica “Tremezzina”.
Si transita da Ossuccio, dove si può ammirare il noto campanile romanico della chiesa di S. Maria Maddalena, poi si giunge a Lenno. Prendendo la prima strada sulla destra si raggiunge la punta di Lavedo su cui sorge Villa Balbianello; la dimora è di proprietà del FAI: con 115mila su un totale di 750mila visitatori dei luoghi della celebre fondazione, è il bene targato FAI più visitato d’Italia.
Proseguendo verso Menaggio ecco Mezzegra: la località e i suoi dintorni sono famosi principalmente per diversi motivi: il bellissimo paesaggio che si può ammirare dai vicoli del paese affacciato sul Lago di Como, il borgo di Giulino dove furono giustiziati il 28 aprile 1945 Benito Mussolini e la sua amante Claretta Petacci (una lapide ricorda ancora l’accaduto davanti a una villa padronale) ed il nucleo di Bonzanigo con i suoi edifici storici di particolare pregio.
Avanzando ancora, si arriva a Tremezzo, dove sorge la già citata Villa Carlotta che è bene visitare in primavera, quando nello splendido giardino la fioritura di rododendri ed azalee offre uno spettacolo indimenticabile.
Trascurando per questa volta Lenno e Tremezzo con le ville Balbianello e Carlotta, ritorniamo a Ossuccio, dove si può scegliere di prendere la strada che sale al santuario di S. Maria del Soccorso, oppure di rimanere in riva al lago per visitare la chiesa di S.Maria Maddalena e di ammirare l’Isola Comacina, e la “Zoca de l’oli”.
La chiesa della beata Vergine del Soccorso è stata costruita su terreno impervio, su rocce di aspra e selvaggia bellezza, dove già sorgeva un precedente edificio di culto: il suo corpo principale fu completato nel 1537. Essa fa parte del complesso del Sacro Monte di Ossuccio inserito nel 2003 fra i Sacri Monti prealpini patrimoni dell’umanità. Ne fanno parte 14 cappelle dedicate ai Misteri del Rosario, costruite tra il 1635 e il 1710. A pianta centrale, sono in stile barocco impreziosite da 230 statue in stucco e terracotta, a grandezza naturale, realizzate da diversi artisti: Agostino Silva, Carlo Gaffuri e Innocenzo Torriani.
Decidiamo di fermarci sulle rive del lago, per conoscere la storia del curioso campanile romanico e ammirare da vicino l’unica isola del Lario, l’Isola Comacina capace di destare nel visitatore una vera emozione.
La chiesa sovrastata dal caratteristico campanile è dedicata a S. Maria Maddalena e fa parte del complesso dell’antico Hospitalis di Stabio destinato all’accoglienza dei pellegrini e dei poveri collocato a margine dell’antiva via Regina.
L’edificio di origine romanica risale al secolo XI, come citato da un antico documento del 1169.
Nei secoli successivi, al campanile romanico fu aggiunta la cella campanaria tardo gotica, con tutta probabilità risalente al XV secolo e furono realizzati gli affreschi che decorano le pareti interne.
Altri documenti a partire dal XII secolo ricordano il complesso come “Hospitalis de insula” o “Hospitalis Sanctae Mariae Magdalenae”.
Alla fine del XVI secolo, la chiesa si presentava a navata unica, coperta da volte e decorata con pitture. Nel 1722 fu aggiunto il paliotto, cioè la parte anteriore dell’altare, che fu realizzato in scagliola dall’intelvese Pietro Solari, con la figura di S. Maria Maddalena.
L’interno della chiesa è ad aula unica con abside semicircolare; sulle pareti si conservano alcune tracce di affreschi fra cui una Madonna col Bambino ed episodi della vita di S. Maria Maddalena.
La chiesa è stata oggetto di numerosi interventi di restauro. Nel 1900 fu realizzato un primo intervento di restauro sul campanile. I lavori furono eseguiti secondo i progetti dell’arch. Giuseppe Ramponi e consistettero nella realizzazione di un tetto a quattro falde sopra la cella campanaria.
Nel 1932 fu eseguito un secondo intervento di restauro quando fu rimossa la cantina addossata all’abside e fu rifatto il tetto.
Fra il 1937 e il 1939 ci fu un altro intervento di recupero, durante il quale fu rimosso l’intonaco esterno della chiesa e del campanile e si ricostruì la facciata. I lavori furono diretti dall’ingegner Antonio Giussani, sotto la supervisione della Soprintendenza.
Inizialmente la gestione economica della struttura fu affidata a un diacono e in seguito ad alcuni membri della famiglia Giovio. Il ruolo di questa famiglia fu riconosciuto ufficialmente con bolla papale dal pontefice Alessandro VI, nel 1496. Una lapide datata 1° ottobre 1506 conferma che in quell’epoca l’ospedale era amministrato da Gabriele Giovio, il quale aveva provveduto ad ampliare l’edificio e a collocarvi una statua di S. Maria Maddalena.
La struttura comprendeva la casa padronale abitata dalla famiglia Giovio, disposta intorno ad una piccola corte, un edificio specialistico con alcuni ambienti destinati anche alla gestione di attività agricole e da una piccola chiesa.
Dopo la morte dell’ultimo Giovio, fu nominato un nuovo rettore e ai primi anni del 1900 l’hospitalis fu trasformato in “Opera Pia Giovio”.
La costruzione è stata in seguito destinata ad attività pubbliche e nel 1989 il palazzo padronale divenne sede del municipio di Ossuccio.
Le strutture architettoniche del complesso, pur rimaneggiato e oggetto degli interventi citati, in alcuni casi radicali, mantengono interessanti tracce delle diverse fasi, come il fronte verso lago che conserva l’intonaco con tracce di decorazione a finti mattoni.
Guidano il visitatore eleganti pannelli recanti la dicitura: Unione dei Comuni della Tremezzina – Proposta progettuale “Tremezzina Turismo: sostenibilità e accoglienza – Progetto “Segnaletica Tremezzina” Progetto cofinanziato da Regione Lombardia.
Ma lasciamo ora il complesso di S.Maria Maddalena, per portarci in riva al lago; subito si trova l’imbarcadero da dove si può salpare per l’isola Comacina che appare davanti a noi.
L’isola si trova nelle acque antistanti la Zoca de l’oli (conca dell’olio).
L’isola ebbe una grande importanza strategica fino al XII secolo, quando le truppe comasche, grazie anche all’alleanza con Federico Barbarossa, la rasero al suolo, per punire la fedeltà a Milano.
Nel 1169 infatti l’isola venne distrutta dalle fondamenta; tutti i presìdii, le abitazioni, le chiese e le mura vennero abbattute e i sassi dispersi nel lago affinché non potesse essere ricostruita. Il vescovo di Como Vidulfo la scomunicò. Con un decreto imperiale del 1175, Federico Barbarossa confermò il divieto alla ricostruzione: «Non suoneranno più le campane, non si metterà pietra su pietra, nessuno vi farà mai più l’oste, pena la morte violenta».
I fuggiaschi scampati fuggirono a Varenna, sulla sponda opposta del lago, che di conseguenza venne per un certo tempo chiamata Insula nova.
Da allora, l’isola Comacina non fu più abitata, solo nel XVII secolo si costruì una chiesetta dedicata a San Giovanni e che dà il nome di “San Giuann” all’isola stessa.
Torniamo però alla zoca de l’oli; questa zona, posta sopra il comune di Ossuccio, con la sua esposizione al sole particolarmente ampia, è la zona più a nord in Europa ricca di ulivi.
Le olive vengono raccolte tra novembre e marzo , possibilmente a mano, e trasferite al frantoio nella stessa giornata. Un bellissimo lungo lago ricco di piante di ulivo accoglie il visitatore e consente una vista davvero affascinante dell’isola.
In un angolo ben curato si possono osservare i macchinari che facevano parte del frantoio, “Il torchio” situato nella cantina della costruzione retrostante, in una posizione quindi che facilitava il trasporto e la spremitura immediata delle olive.
Gli ulivi sono sempre stati i grandi protagonisti di questo angolo di lago e sono numerosi i comuni interessati dalla coltivazione di olive e produzione dell’olio d’oliva lariano.
Si tratta di un olio dal gusto molto equilibrato, dal leggero aroma fruttato e da gustare con una fragrante fetta di pane casereccio.
Contempliamo ancora per qualche attimo l’isola, protagonista di tanti eventi storici, ma capace di affascinare il visitatore suscitando particolare emozione.
Anche il cinema ha valorizzato l’Isola Comacina; registi famosi come Luciano Salce e il grande Alfred Hitchcock ambientarono in questa isola alcune scene di film da loro diretti. Nella pellicola “Il labirinto della passione” (“The Pleasure Garden”, 1925) di Hitchcock, i due protagonisti, interpretati da Virginia Valli e Miles Mander, si trovano in viaggio di nozze e la Valli, diva del cinema muto, raccomanda il loro amore a Dio nella chiesetta di San Giovanni.
Hitchcock tornò numerose volte come turista sull’isola.
La nostra visita a Tremezzina si è conclusa; imbocchiamo la statale Regina per tornare verso Como, consci di affrontare attese non brevi in corrispondenza dei semafori.
E’possibile visitare i meravigliosi luoghi di Tremezzina anche senza dover ricorrere all’auto.
Da Milano si prende il treno diretto a Lecco-Sondrio; dopo circa un’ora si scende a Varenna e in battello (servizio navetta in centro lago) si raggiunge la sponda occidentale del lago in località Tremezzo o Lenno.
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