“Itinerari di Letteratura del Novecento tra Tradizione ed Innovazione”, la recensione

 

Come quando un campo, sia pure di buona terra, non viene irrigato con l’acqua, allora
succede che le piante, che pur vi possono attecchire, però non possono crescere; come
quando in una famiglia si vive tra i contrasti e i figli non sono inondati di amore, allora
succede che la loro crescita è minacciata da crisi e disagi; così anche nelle nazioni che i
governanti spingono a guerre, provocando disperazione, allora si rompe l’equilibrio
nell’animo delle persone e viene compromessa la loro stabilità emotiva e psichica.
È questo il terremoto spirituale subentrato in seguito alle due guerre mondiali nel
Millenovecento, che ha stravolto quell’ordine, quell’armonia, quella consapevolezza, che
invece caratterizzavano i secoli precedenti.
L’autrice del libro “Itinerari di Letteratura del Novecento tra Tradizione ed Innovazione”
(G. Miano Editore, 2023), Maria Angela Eugenia Storti, appassionata cultrice di Letteratura
germanica e anglosassone, professoressa di Lingua e Letteratura Inglese presso il Liceo di
Scienze Umane “G. De Cosmi” di Palermo, ha preso in esame vari autori, tedeschi o inglesi,
(ma anche qualche italiani come Pirandello e Montale) quali Thomas Mann, Franz Kafka,
Virginia Wolf, Thomas Eliot, trattando in loro, nella parte iniziale del libro, il genere del
romanzo.
Poi l’autrice prosegue prendendo in considerazione il teatro con appunto Luigi Pirandello,
oltre a Frank Wedekind e Samuel Beckett; infine conclude con la poesia negli autori
Thomas Mann e Eugenio Montale.
Ritornando al romanzo, La terra desolata di Thomas Eliot già esprime, nel titolo stesso, la
desolazione, e La montagna incantata di Thomas Mann è come un rifugio da questa
desolazione, pur essendo un luogo di malattia, di sofferenza, però ricco di amabilità e di
bontà. Sono da accostare tra di loro questi due temi a dimostrazione del fatto che gli
atteggiamenti di rottura, di ribellione, tipici del Novecento, non sono dettati da estrosità e
stravaganza, da qualcosa di superficiale, ma piuttosto sono dettati da profondo dolore che
cela un desiderio vivissimo di umanità e auspica fortemente l’incanto della bontà.
Certo, di fronte agli orrori perpetrati in questo periodo, si avverte il non senso della guerra,
e con questo il non senso della vita. Viene meno ogni punto di riferimento, e gli uomini si
sentono come “uomini vuoti”.

Però ora l’attenzione si sposta dalle cose esterne alla vita di dentro, alla psiche. Ne è un
esempio Virginia Wolf che sostiene che in una biografia, come in un diario, sono da
prendere in considerazione non tanto i fatti, le date e luoghi, quanto “la coscienza”, cioè i
pensieri, i sentimenti, le emozioni, le scelte, le decisioni. Nell’opera di Virginia Wolf, risalta
inoltre l’anelito alla emancipazione della donna che per la mentalità di allora, valeva solo se
madre di famiglia o suora, il resto, se poetessa, scrittrice o artista, veniva bersagliata come
estrosa e strana, quasi portasse in sé una vergogna e allora a una donna così non rimaneva
altro che il rifugio nella propria “stanza”. E poi “La solitudine” di Franz Kafka, il disagio
esistenziale. È veramente una situazione tragica.
Nel teatro ancora più forte che altrove è la rottura con il passato. Già sin dallo scenario che
non è più un paesaggio o un ambiente come prima ma perde la sua consistenza per ridursi al
minimo, quasi scompare: lo scenario si fa scarno, spoglio. Anche il dialogo spesso è
sostituito dal monologo. Il teatro del Novecento è veramente una rivoluzione. Prevale la
sensazionalità, il simbolismo, la critica alla morale borghese, spesso ipocrita e perfino
crudele. Il teatro si afferma travalicando i confini regionali per sconfinare in campo europeo
o addirittura mondiale.
Significativo “Il Teatro dell’assurdo” in cui si pone l’accento sulla assurdità della vita.
E infine la poesia. Il “corrispettivo oggettivo” accomuna Eliot e Montale. Si mette in
risalto il “mal di vivere”. Anche nella poesia una rivoluzione a cominciare dalla forma. Non
più la metrica con le strofe, i versi, le rime; il contenuto esprime bagliori di sentimento
come lampi nel cielo che traducono le emozioni, i pensieri e i sentimenti con esasperata
soggettività. La poesia è fulgore di vibrazioni di animo.
È tutta una innovazione che si affianca talora alla tradizione. È la modernità che coinvolge
anche la pittura, la musica.
“Tradizione” e “Innovazione”, tradizione e modernità si scontrano, si incontrano e
sussistono più o meno armonicamente.

Maria Elena Mignosi Picone

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